

La fine del porco.
Per i romani e loro amministratori la questione è nota.
Le colonie di cinghiali tra il Parco Regionale del Pineto e quello
dell’Insugherata

Le colonie di cinghiali tra il Parco Regionale del Pineto e quello dell’Insugherata sono state dapprima fonte di stupore e studio, per i quartieri interessati, poi di preoccupazione ed infine di video virali e sfottò internazionali.
La crisi pandemica e tutto quel che ne ha conseguito hanno indirizzato l’opinione pubblica e l’amministrazione verso ben altre improcrastinabili faccende da gestire con la massima urgenza, il che
ha comportato un duplice effetto sui branchi di cinghiali allo stato brado: si sono riprodotti indisturbati – venendo a mancare la fondamentale campagna di sterilizzazione degli animali; sono stati a contatto / si sono nutriti con un altro grande classico tra i malcontenti dei romani: la spazzatura.
Questo tipo di contaminazione ha fatto sì che all’interno delle colonie si formassero focolai di peste suina, implementati anche a causa dell’immissione sul territorio di suini provenienti dall’est Europa – introdotti senza alcun tipo di profilassi o controllo, al fine di ripopolare i branchi. Manovra, questa, esercitata esclusivamente ad uso e consumo dei cacciatori, non tanto per loro diletto, quanto per accaparrarsi qualche voto in fase di comunali.
Tale virus, così come riportato nei comunicati dell’ISPRA, non è legato alla densità di popolazione suina insistente, cioè più cinghiali non fanno più peste. Anzi, è stato monitorato più volte, circolare indisturbato, senza manifestazioni, per anni, su territori a minima presenza e bassissima densità suina.
La ricerca di cibo ha spinto gli animali verso le strade e le abitazioni, trovando immediata soddisfazione – specie durante i lockdown del 2020 – nei secchioni dell’immondizia straripanti e nei rifiuti abbandonati a terra dai cittadini.
Il contatto con materiale organico umano ha generato la contaminazione e, da qui, la peste. Quindi sì, si può dire che è l’uomo che l’ha portata all’interno delle colonie di cinghiali. L’animale infettato è destinato a triste sorte, pur non potendo ritrasmettere il virus nè all’uomo nè a cani o gatti.
Inoltre, le recinzioni ed i varchi per tenere gli animali – non solo cinghiali, ma anche volpi, ricci, roditori – sono stati più volte manomessi per mano dell’uomo, oltre ad essere sottoposti al logorio del tempo e degli agenti atmosferici.
Nel 2019, quando l’affaire cinghiali venne sottoposto all’attenzione della giunta comunale, da parte di più Associazioni ufficiali e Onlus, la città Metropolitana rimpallò la questione alla Regione, la quale, a sua volta, dichiarandosi impotente poiché il parco è sì regionale, ma insistente sul territorio metropolitano, rispedì tutto sul tavolo, restato muto, del Comune di Roma.
Seguendo anche i suggerimenti della dottoressa on. Michela Vittoria Brambilla furono inoltrate più richieste di trasferimento, per i cinghiali e le loro cucciolate, presso oasi protette quali Parco del Circeo ed aree naturalistiche del viterbese.
L’esito degli appelli è tristemente noto.
L’inerzia di forestale, giunta e Regione, ha comportato l’adozione della misura più veloce, crudele, drastica e, diciamolo, economica: l’abbattimento delle bestie, cuccioli compresi, davanti allo sguardo purtroppo anche divertito di un pubblico di abitanti del quartiere.
Una sconfitta totale, che non solo non è servita ad arginare la problematica, ma ha una volta di più posto l’accento su quanto resti inascoltata ogni voce di chi, la città, la vive in pieno e
quotidianamente.
Lì dove l’amministrazione Raggi era stata additata come il Male di Roma, sale in evidenza che anche quella Gualtieri non spicca per alacrità e lungimiranza.
Oggi, anno 2022, a poche settimane dalla nuova proposta di ripristino di varchi e recinzioni, compare a gran titoli lo spauracchio della peste suina, di cui, in realtà, si hanno casi certificati solo in Piemonte e in Liguria, non tra gli esemplari presenti nel Parco della Pineta Sacchetti.
Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha già dichiarato l’allarme, da arginare con la consueta, spicciola manovra (anche se sulle dichiarazioni si parla di “abbattimenti controllati”), con grande gioia dei cacciatori arruolati per l’operazione.
Operazione per la quale Nicola Zingaretti avrebbe già firmato autorizzazione.
La storia, quindi, senza alcun tipo di intervento da parte di Comune, Regione e Associazioni quali Enpa, Lav e Leidaa, si ripeterà.
I cinghiali, anche quelli sani, cadranno sotto le armi autorizzate dall’inerzia delle istituzioni e degli appelli inascoltati, fino alla prossima emergenza, fino al prossimo sbrigativo e cruento provvedimento.
Con ciclica e cupa indifferenza, la stessa che, negli anni, non riguardando le emergenze di maggior interesse, quali varchi, traffico, stadi, parcheggi e tutte quelle situazioni in stallo, ha reso questa città un paesone invivibile, arrabbiato, sporco e cattivo.
Un popolo di Santi, poeti, navigatori. Di memorie corte. E scaricabarile.
P.Z.
